Packaging e scocche del telefono dai rifiuti organici
Telai di computer, scocche di smartphone, film biodegradabili per gli imballaggi e materiali per il risanamento ambientale. Per produrre tutto questo potrebbe bastare un’unica filiera, figlia della moderna economia circolare. A concretizzarla sarà il progetto europeo RES URBIS (REsources from URban Bio-Waste), iniziativa di ricerca dedicata alla valorizzazione dei rifiuti organici municipali. Saranno proprio gli scarti cittadini, infatti, le materie prime seconde da cui ottenere nuove bioplastiche finalizzate a differenti applicazioni.
Il progetto, coordinato dal Centro
Interdipartimentale CIABC dell’Università Sapienza di Roma, riunisce
oltre venti partner provenienti da otto paesi europei. Con un
finanziamento di circa 3 milioni di euro concesso nell’ambito
nell’ambito del programma Horizon 2020, i partecipanti
si sono dati tre anni di tempo per rendere possibile la conversione
diversi tipi di rifiuti organici urbani in preziosi prodotti a base
biologica, in una singola bioraffineria integrata e utilizzando una sola
catena tecnologica. L’obiettivo è duplice: minimizzare i volumi da
smaltire in discarica e ottenere nuovi polimeri ecocompatibili usando
gli stessi scarti come risorse rinnovabili alternative al petrolio. “Allo
stesso tempo, il progetto punta a sviluppare tali tecnologie in modo da
consentirne l’integrazione con la riqualificazione di impianti
tradizionali per la depurazione delle acque e/o il trattamento dei
rifiuti”, spiega da Mauro Majone, coordinatore del progetto, sul sito web dell’ateneo.
Dai rifiuti organici alla bioplastica
I rifiuti di partenza saranno la
frazione organica della differenziata, proveniente da famiglie,
ristoranti, e punti vendita al dettaglio, i fanghi di trattamento delle
acque reflue urbane, le potature di giardini e parchi, e altri flussi di
rifiuti “più ostici” come i pannolini. In cambio, RES URBIS fornirà
prodotti che includano polimeri poliesteri termoplastici, biosolventi e
fibre.
“Il potenziale impatto applicativo di RES URBIS – aggiunge Majone – è
molto elevato se si pensa che più di 300 milioni di europei vivono in
aree urbane o metropolitane e che ognuno di questi abitanti europei
produce in media ogni giorno più di 100 grammi di sostanza organica di
scarto, il cui recupero e valorizzazione è attualmente piuttosto
limitato; sono quindi evidenti le positive ricadute ambientali,
economico e occupazionali che possono derivare dalla messa a punto di
tecnologie innovative che consentano la trasformazione di quest’enorme
flusso di materiale organico in prodotti utili e con effettivo valore di
mercato”.
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